Un insegnamento creativo
ma non fantasioso
Le cosmologie metafisiche spiegano coordinano e compongono in armoniosa unità le idee che le lingue danno per scontate. Non ci accorgiamo, parlando, di profferire, implicite verità metafisiche.
Nel vedanda l’immaginazione è la facoltà che corrisponde al piano formale, sottile e incorporeo della manifestazione.
L’affinità tra il mondo spettrale dei sogni e la sfera delle forme naturali possibili in quanto tali, offre inesauribili spunti di meditazione e scoperta.
Gli esercizi di allenamento immaginativo della tradizione sia yoga che tantrica insegnano a ravvisare questo ricetto vuoto di tutte le possibilità dell’esistenza nelle vene pericardiche, che si immaginano di luci e di colori.
Da questo piano potenziale si trapassa a quello propriamente fantastico o onirico, dalla potenza si comincia a scendere all’atto, articolando gli archetipi fondamentali della coscienza desiderante, e questa è la fase della fantasia configuratrice o samkalpa, nel cosmo come nell’uomo.
La perfezione umana consiste nel coincidere con la fantasia cosmica, riflettendone nella mente gli archetipi, le forme formatrici, sognando e immaginando al modo stesso in cui la natura si articola e si dissolve, organicamente. Questa è la condizione dello yoghin, il quale facendo tutt’uno con la natura naturante, dispone di yogamaya, della potenza proiettiva-creatrice.
Chi non sa concentrarsi sul suo vuoto interiore, viceversa fantasticherà disorganicamente e scambierà le forme del mondo fenomenico per realtà staccate dalla mente che le proietta; invece di essere rispetto ad esse, per usare le metafore tradizionali, un mero testimone, un Consapevole Attore nelle parti che gli capita di svolgere entro la grande illusione, un puro trasmigrante fra l’una e l’altra forma di vita, si identifica con i suoi ruoli.
Per poter coincidere con il cosmo, si eseguono gli esercizi di fantasia guidata che modificano l’immagine del proprio corpo, in modo da proiettarselo come una successione di vortici di energia, di ruote (chakra) sovrapposte.
Nella pratica liturgica privata si ottiene il medesimo fine assegnando una divinità o parte di divinità a ciascuna sezione del corpo attraverso il rito quotidiano detto anganyasa, l’assegnazione (nyasa) alle varie membra (anga).
Quando si esegue il rito con forza allucinatoria, il corpo diventa un pantheon, una mappa, un cosmo: una tastiera perfettamente disponibile, materialità spiritualizzata e spirito corporificato, corpo e mente fusi in uno; insegna il Gandharva Tantra soltanto un dio può venerare un dio, ingiunge il Brahmalaya Tantra converti il tuo corpo materiale in divino.